Che ci
dovessero essere dei cambiamenti demografici e sociali con la conquista da
parte dei Romani della Sicilia è ovvio. Pensare che lo stato sociale di
libere Polis e di liberi cittadini fosse all'improvviso cancellato con un
colpo di spugna forse era impensabile. Inaspettatamente nell'isola si creò
una piramide sociale che poneva alla base gli stessi siciliani, pur
rimanendo liberi cittadini.
A capo di tutto era il nuovo console Levino, che rappresentava Roma in
Sicilia. Il pretore aveva tutta la sua varia e numerosa coorte pretoria,
facente le veci dei pubblici ufficiali, muniti del comando nei confronti dei
siciliani, tanto che i loro stessi schiavi, rappresentando il loro stesso
comando, finivano per essere su un gradino superiore agli stessi siciliani,
cittadini liberi.
Gerarchicarnente a scalare vi erano poi quei cittadini romani che,
approfittando della nuova conquista (economicamente non da poco) giunsero in
Sicilia alla ricerca di una nuova ricchezza. Tra questi vi erano: banchieri,
affaristi, usurai, avvocati, legulei, procacciatori di favori o di
protezioni, oltre che appaltori dell’esazione dei tributi in natura o in
denaro da inviare a Roma, e, naturalmente, altri che ottenevano in affitto
la coltivazione dei vasti possedimenti dell’ager
publicus.
Sempre tra questi la maggiore influenza era
dei cavalieri, la nobiltà danarosa di Roma, liberi di svolgere qualsiasi
tipo d'affari.
Queste persone, parecchie decine di
migliaia, avevano nei confronti dei siciliani un vantaggio fondamentale:
erano "cittadini romani". Con essi era giunto il famoso Diritto Romano, il
quale funzionava solo per i cittadini di Roma. E' evidente che le dispute
tra i cittadini romani e i "liberi" cittadini siciliani, finivano fatalmente
per favorire i primi. A livello di una contesa tra siciliani non la legge di
Roma non era di alcun rilievo. |