La
Sicilia conquistata era uno dei posti più ricchi e attivi della storia di
quei tempi. Essendo al centro del Mediterraneo, tutto il traffico
commerciale faceva capo ad essa. Merci di tutti i tipi vi arrivavano e merci
di tutti i tipi, prodotte localmente, vi partivano. I Greci e i Cartaginesi,
oltre le popolazioni autoctone, ne avevano fatto, coinvolgendola dei loro
affari, un'isola libera e ricca, e di importanza conseguente nelle lettere e
nelle arti, nelle scienze e nella cultura.
Questa autonomia cessò con l'arrivo dei Romani, i quali, dal loro punto di
vista, non potevano che vedere le nuove conquiste in funzione della loro
città. Così, dopo l'occupazione, l'intera isola fu trasformata, dando come
attività principale la coltivazione agricola, soprattutto del grano. Così la
Sicilia si trasformò in "granaio di Roma". Le attività commerciali, se non
viste in rapporto con la città eterna, dovevano fare capo a pochi porti,
privileggiati dai romani. Siracusa, la
più importante città siciliana, era la sede del pretore. I porti
della stessa Siracusa e di Lilibeo erano le sedi dei due
questori reggenti l’amministrazione
tributaria della Sicilia, orientale ed occidentale, e quindi punto di
partenza dei tributi per Roma. Tra gli altri furono favoriti i porti di
Palermo e Messina. Queste città divennero i centri di maggiore
concentrazione popolare, politica e affaristica.
Se la realtà economica si ridisignò, e quindi mutò anche la geografia del
movimento delle merci, le stesse città divennero "diverse" tra loro. Alcune
erano tributarie e altre immuni. Alcune disponevano del territorio
circostante e quindi i loro cittadini potevano liberamente coltivarle, altre
erano circondate
dall’ager
publicus,
di sola competenza romana. Le stesse etnie
erano valutate differentemente tra loro da Roma. Sopra a tutte vi era
l'etnia greca, per l'importanza della loro cultura, fino in basso dove si
collocavano le etnie autoctone come Siculi e Sicani. |