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La bella Angelina
Il tempo passò. Arrivò il giorno di San
Lorenzo, il 10 agosto. Tutte le ragazze, compresa Angelina, guardavano in
alto il cielo notturno, sperando in una stella cadente a cui affidare i loro
desideri. A cena quella sera Ruggero di Lauria aveva invitato dei notabili.
L'atmosfera era serena e divertente. Gli ospiti raccontarono che avevano
incontrato un tipo strano, mai visto, che tra mattanate e lazzi aveva
narrato loro d'essere tornato a causa di una cerva che aveva ferito tempo
addietro, per trovarla e portarla via. Tutti ridevano di quel mentecatto,
strano e matto. Anche Angelina si unì all'ilarità generale, poiché, dentro
di sé, aveva capito che il suo innamorato era ritornato per portarla via. Da
quella notte si mise a vedetta per scorgere i tre fuochi, quasi senza
dormire. Quando non ne poteva più dal sonno, lasciava al suo posto la fida
Franca dicendole: «Franca, vigghia si si addumanu li tri fochi supra la
turri di munti Rutonno! Franca, vigghia!». Sulla torre del castello la
ancella scrutava nel buio. Scoccata mezzanotte vide accendersi i tre fuochi
prestabilitti e con una lampada fece il segnale d'averli visti. Scese e
avvertì la ragazza. Intanto il delfino di Francia, insieme a quattro suoi
fidi, si avvicinò nel silenzio alla torre dove era la sua amata e che non
era controllata da guardie. Con una scala di seta fece scendere Angelina e
la sua fida Franca. Riunitisi presero i cavalli e scapparono al galoppo
verso Kaggi e verso il mare, arrivando a capo Schisò presso Giardini. Lì in
attesa del delfino vi era pronta una barca con cui fuggire via verso la
Francia. La bella Angelina aveva lasciato per il padre un biglietto dove era
scritto: Si voi truvari a io ‘figghia Angilina,vattinni in Francia, e la
trovi riggina. (Se vuoi trovare tua figlia Angelina / vattene in
Francia, e la trovi regina). La conclusione mitica di una leggenda popolare così romantica è tipica delle leggende stesse che, come abbiamo visto, trasformano il personaggio storico come Giovanni da Procida in un padre disperato e vendicativo, uno scoglio qualsiasi in un luogo di riunioni segrete, il grande ammiraglio Ruggero di Lauria in castellano con una figlia bellissima con un'ancella la cui storia dà il nome ad un paese, insomma, spiegazioni semplici a cose che spesso sfuggono dalla comprensione delle persone umili e per nulla addentro alle motivazioni politiche o economiche. Naturalmente il toponimo di Francavilla non dipende dalla leggenda, ma dalle franchigie e i privilegi concessi al nascente borgo verso il 1090 dal conte normanno Ruggero, il quale lo fondò dopo avere incontrato in quel luogo l'eremita San Cremete. Se la pronuncia in siciliano del nome Francavilla è Francavigghia è solo un caso che ha dato forse il via alla leggenda stessa e non viceversa. In fondo si può prendere ispirazione da qualsiasi cosa... |
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